
Gli assoluti di Pantelleria del 1982
Dopo oltre due mesi dall’ultimo articolo che ho scritto, gli Europei di Salina del 1995, riprendo oggi a ricordare l’Assoluto del 1982, svoltosi nelle splendide acque di Pantelleria, isola che nasconde gelosamente i resti di un passato antico che qui, anche se molto velocemente, vorrei ricordare.

L’isola è sorta dal mare, ma la data non è certa almeno dieci mila anni fa. Con i suoi sesi, maestose costruzioni in pietra (tombe o fortificazioni difensive?), è la testimonianza di una importante vita preistorica. Il paese di Pantelleria pare sia stato invece fondato nel 1200 d.c.
Infatti anni orsono nella zona di Mursia sono venuti alla luce resti di una antica necropoli alle cui spalle esisteva una grande acropoli. Tipiche, per bellezza ed unicità, sono le vecchie case pantesche, meglio conosciute come damusi, semplici ed efficienti costruzioni in pietra lavica coperte dalla tipica volta pantesca, così vicina alla kuba araba, ma creata appositamente dalle maestranze locali per raccogliere la preziosa acqua piovana e proteggere l’interno dal caldo. La tradizione vuole che, annesso all’abitazione, vi sia il giardino protetto (per il vento) da un alto muro di pietra, sempre rigorosamente lavica, nel quale viene coltivato solitamente un albero da frutto e qualche ortaggio. La ricchezza dell’isola non è, strano che possa sembrare, la pesca ma l’agricoltura, soprattutto grazie alla produzione dello zibibbo, autentico nettare degli dei, famoso in tutto il pianeta. L’uva di Pantelleria è, senza esagerazione, la migliore del mondo.

Ma non dilunghiamoci troppo, meglio ritornare alla manifestazione sportiva di cui sopra. Questo campionato è meglio ricordato – dai concorrenti partecipanti alla manifestazione – come il campionato della corrente.
Anticipo subito, senza però farne troppo mistero, che la ragione che mi spinge a raccontare questo Campionato è il desiderio di ricordare ai più soprattutto due atleti che, purtroppo, non sono più fra noi: Claudio Poggi ed Andrea Berardinone, atleti con stili diversi e con età diverse.
Bene, pur avendo questi occupato le prime due posizioni nella classifica finale della gara in narrativa, negli anni a seguire non sono stati sufficientemente ricordati.
Rimando il lettore di turno che volesse invece riesumare, con tutti i dettagli tecnici, la richiamata manifestazione all’articolo, redatto superbamente da Domenico Drago, e pubblicato nella rivista Mondo Sommerso nel numero di dicembre 1982: vale certamente la pena di leggerlo.

Orbene, quel Campionato del 1982 si svolse dal 29 settembre al 2 ottobre, in tre giornate, nelle limpide acque di Pantelleria, isola vulcanica, che ancor oggi, per la bellezza paesaggistica e per la storia che possiede, è considerata una tra le più belle isole del mediterraneo.
Ma passiamo agli aspetti squisitamente agonistici, naturalmente facendo solo degli autentici flash.
Va da subito ricordato che, forse come non mai, sono state tre giornate molto intense ed emozionanti con continui capitomboli, dove tutti gli atleti hanno lottato sino alla fine senza risparmiarsi, perché in classifica tutto poteva accadere.
Il vero ed unico elemento condizionante di questo Campionato è stato – forse come non mai – il mare, con le sue correnti impetuose che hanno probabilmente penalizzato oltremisura chi aveva impostato la gara sui fondali più impegnativi, stravolgendo in tal modo il duro lavoro di preparazione.
Hanno invece centrato la gara coloro che, diversamente dai primi, hanno saputo preparare la competizione nella fascia dei 12/18 metri d’acqua, memori forse dell’edizione 1974 dove le correnti risultarono, anche in quel caso, determinanti.
La prima giornata, che si svolgeva da Punta della Croce a Punta Roncone di Salerno, vincerà Andrea Berardinone con tre cernie che gli varranno 24.465 punti (1°), anticipando di un soffio Claudio Poggi con 13 prede e 23.375 punti (2°), ed Antonio Toschi con 6 prede e 22.130 punti (3°).
La seconda giornata, che andava da Punta Spadillo a Punta Formaggio, sarà ad appannaggio di Renzo Mazzarri con 6 prede e 21.430 punti (1°), segue Riccardo Molteni con 4 prede e 17.220 punti (2°), Pietro Milano con 6 prede e 15.355 punti (3°), Claudio Poggi con 2 prede e 13.600 punti (4°) ed Andrea Berardinone con 2 prede e 12.150 punti (5°).

Dopo lo svolgimento di due terzi della competizione la classifica diceva che, pur avendo gli stessi punti di classifica, primo risultava essere Poggi e secondo Berardinone.
Era già un preciso indizio che la vittoria, molto probabilmente, sarebbe stata una questione solo fra questi due atleti, diversi nell’età (quarantenne il primo e ventiquattrenne il secondo), ma – soprattutto – diversi anche negli stili e nella tecnica di pesca: razionale ed esperto il primo, operava in modo veramente superlativo nella fascia dei primi 20 metri d’acqua, istintivo ma straordinariamente dotato il secondo, per il quale la profondità non era certo per lui un problema, unitamente al fiuto per il pesce come nessuno possedeva.

La terza ed ultima giornata vedeva la vittoria di Massimo Testai, quest’ultimo considerato alla viglia, unitamente a Berardinone, l’atleta più papabile al titolo, con 4 prede e 16.920 punti (1°), seguito dal romano Giancarlo Fagiolari con 6 prede e 16.625 punti (2°), da Carlo Gomez Paloma con 6 prede e 16.490 punti (3°), da Claudio Poggi con 9 prede e 13.530 punti (4°), da Riccardo Molteni con 9 prede e 13.200 punti (5°) e da Andrea Berardinone con 8 prede e 11.900 punti (6°).
Dopo l’ultima pesatura al cardiopalma, la classifica finale decreterà la vittoria di Claudio Poggi Pianciani, superando di pochissimo Andrea Berardinone (2°) e Riccardo Molteni (3°).
A questo punto appare doveroso proporre delle brevi riflessioni, naturalmente dal carattere personale, sul campionato.
La manifestazione, superbamente organizzata, ha visto – così come anticipato prima – come autentico protagonista la corrente in acqua, potente ed incessante, specie nella prima giornata, che – molto probabilmente – ha quasi stravolto, o comunque sicuramente modificato, la classifica per qualche atleta.
Andrea Berardinone dirà, dopo la prima giornata: mi sembrava di pinneggiare contro un torrente in piena, tanto era violenta la massa d’acqua.
Soprattutto i profondisti, cioè coloro che hanno impostato la gara sotto i venti metri, a fine gara racconteranno che per arrivare al fondo, e raggiungere quindi il punto specificatamente pedagnato, erano costretti a fare il tuffo almeno 50/60 metri sopra corrente, il tutto con un esagerato dispiego di energie fisiche e di tempo. In tali condizioni raggiungere la tana designata, illuminare l’anfratto e sparare, risultava estremamente difficile, quasi impossibile. Per non parlare di dover lavorare una cernia incastrata…
Le condizioni del mare, considerato che trattasi di isola collocata nel mezzo del canale di Sicilia, sono state invece accettabili. Nessuna maestralata feroce, come avvenuto nel ‘74 quando fece saltare una giornata, si è presentata. Ma la corrente, invece, quella non è proprio mancata, e sono purtroppo ancora in tanti, dopo quasi otto lustri, a ricordarla…
A questo punto è doveroso parlare, sempre in pillole, di alcuni atleti.
Suscita immediatamente grande sorpresa il 18° posto finale di Antonio Toschi, autentico mostro sacro della pesca subacquea internazionale che, complice una sfortuna senza pari, non riesce – dopo un buon piazzamento della prima frazione – a trovare il bandolo della matassa nelle restanti due giornate.
Eppure nell’assoluto del ‘74, sempre in queste acque, aveva impressionato positivamente nelle due uniche giornate (così come già detto una salterà per colpa di un maestralata senza precedenti), perdendo nella prima giornata – tra l’altro – il carniere di pesce bianco (nove pezzi tutti molto corposi), volato via dalla barca e rimanendo solo quelle delle due grosse cernie. Con il carniere perso avrebbe stravinto la giornata e la classifica finale, probabilmente, sarebbe stata diversa.

Quella prestazione veramente maiuscola, che però consegnerà il primo titolo ad Arturo Santoro, gli varrà meritatamente la convocazione in nazionale all’Europeo di Kilkee in Irlanda.
L’incommensurabile Claudio Ripa, unico ed impareggiabile CT della nazionale nella storia della pesca sub, fece benissimo a convocarlo, anche se tale chiamata suscitò un certo malumore in qualche atleta… Antonio, da cristallino campione quale è sempre stato, rispose superbamente alla fiducia del grande Ripa. Infatti nelle gelide acque irlandesi, e senza alcuna preparazione perché arrivati a ridosso della gara, con un quinto posto (ma con l’identico punteggio dell’inglese Mills arrivato quarto), darà la piazza d’onore all’Italia dietro gli Inglesi, unitamente ad un planetario Massimo Scarpati che, dopo otto anni e quattro edizioni disputate (Baleari 1968, Malj Losini 1970, Isola di Man 1972) riuscirà finalmente a vincere il titolo Europeo, dopo essere arrivato sempre secondo nelle edizioni precedenti testè elencate.
Ma ritorniamo all’assoluto di Pantelleria.

Antonio Toschi, certamente immeritatamente, retrocederà ed il successivo anno (1983) sarà costretto a disputare le gare di qualificazioni: sempre in silenzio e senza polemiche, come era suo solito fare, eppure era in essere un campione del mondo a squadre… Nell’84 vincerà a Villasimius il suo quarto ed ultimo assoluto. Nell’86 trionferà a Malj Losini vincendo il titolo Euroafricano. Autentico e cristallino fuoriclasse internazionale, come pochi la storia agonistica subacquea ne ha conosciuti, ma, come molto spesso avviene, non più sufficientemente ricordato.
Così come appare inverosimile il 35° posto di Milos Jurincic che nel 74, sempre a Pantelleria, raccolse – anche in questo caso – un immeritato 17° posto; evidentemente quest’isola non gli portava bene….
Milos, senza ingigantire i meriti di questo atleta, era in quel momento storico sicuramente fra i migliori sub del mediterraneo. Il secondo posto al Campionato del Mondo conquistato tre anni dopo alle Baleari nel 1985, proprio dietro il grande Amengual, è la prova provata che la classifica di Pantelleria 1982, per qualche atleta, risulterà oggettivamente bugiarda e oltremodo penalizzante. Nella lunga carriera agonistica di Milos è però mancata la gioia di vincere il titolo italiano. Anche di lui non si è più parlato. E questo non sta bene.
Tra i retrocessi voglio menzionare anche il nazionale Pippo Lo Baido, il forte atleta palermitano anch’egli, come altri, sarà penalizzato dalla forte corrente: farà molto bene la prima giornata, così così la seconda ed oggettivamente male la terza: risultato finale 13° posto. Il medico di Partinico negli anni successivi avrà comunque modo di riscattarsi e dimostrare, anche a livello internazionale, il suo immenso valore tecnico unitamente ad una classe unica.

Massimo Testai, settimo classificato, ipotetico vincitore alla vigilia unitamente a Berardinone, pur essendo superlativo conoscitore di quelle acque, sarà tagliato fuori dalla corsa al titolo già nella prima giornata per un “cappotto” maturato nel fiume in piena (la corrente).

Il campione palermitano, forte di una preparazione e di un fisico senza pari, forse si ostinerà troppo a pescare tutte le cinque ore su fondali molto impegnativi dove aveva marcato molti pesci importanti, ma era oltremodo difficile staccarsi mentalmente da quelle tane piene piene di pesce. A fine gara dirà, con tanta ma tanta delusione: mi sarebbe bastato prenderne solo il 20% dei pesci che ho avvistato in preparazione per vincere a mani basse la prima manche. Chi ha seguito da vicino la preparazione del palermitano, e più segnatamente il suo fedele secondo Eugenio Camillo, potrà confermare che non ha sicuramente esagerato.
Per correttezza di narrazione va detto però che Massimo, sempre nella prima giornata, e dopo aver lavorato per diverse ore una cernia di oltre 12 chili a 27 metri, riuscirà a mettere a pagliolo il serranide purtroppo solo 10 minuti oltre lo scadere. Che peccato, questa cernia gli avrebbe dato la possibilità di lottare per il titolo sino alla fine.
Voglio ricordare che, anche la terza giornata quella che vincerà alla grande, non inizierà per Massimo nel migliore dei modi. Infatti di prima mattina troverà il proprio gommone sgonfio per una accidentale foratura del giorno precedente e, con tutta prescia, sarà sostituito con un altro battello. Ma il cambio del natante, almeno questo, gli porterà bene.
Massimo Testai, giovane atleta tra i più promettenti del panorama internazionale (già campione del Mondo a squadre come riserva), forse a causa di questa immeritata debacle, lascerà anzitempo l’agonismo, con grave perdita per i colori azzurri e per l’ambiente agonistico tutto. Anche per lui l’oblio del silenzio appare oggettivamente immeritato ed ingiusto.

Fantastica e molto regolare è stata invece la prestazione di Giancarlo Fagiolari, quarto. Pescatore sopraffino di pesce bianco, riuscirà a portare a termine una gara veramente da “incorniciare”. A fine gara, legittimamente, il romano sarà raggiante per il brillante risultato ottenuto.
Fagiolari e Roberto Marcozzi sono stati per molti anni il duo più significativo della scuola laziale di pesca sub. Purtroppo quest’ultimo nel 1994, nelle acque di Porto Cervo, lo perderemo definitivamente perché travolto da una delle tante eliche cieche ed irresponsabili che scorazzano nel nostro mare. Maurizio Sarra docet…

Riccardo Molteni, terzo con gli stessi punti di Berardinone, ed ottimo conoscitore dell’isola, farà anch’egli una gara regolare. Palermitano d’adozione ma sardo di nascita (Carbonia), è un atleta tra i più regolari ed assidui delle alte sfere delle classifiche degli assoluti. Già con il settimo posto di Pantelleria del 1974 conquisterà a dicembre la prima chiamata in nazionale nelle fredde acque di Malj Losini e da lì sarà sempre un punto di riferimento della Nazionale.

Renzo Mazzarri, quinto. L’elbano disputerà anch’egli una superba gara, vincendo – tra l’altro – con merito anche la seconda giornata e conquistando in tal modo un piazzamento da nazionale. Di lui, dopo aver rodato i motori per qualche anno, dal mondiale 1997 di Istambul in poi, parleranno solo le classifiche…
Andrea Berardinone, napoletano doc, con la sua classe infinita ed una voglia di dimostrare (meritatamente) di essere il giovane più forte e promettente della scuola subacquea italiana, purtroppo non sufficientemente valorizzato dall’allora C.T., farà una gara regolarissima, nonostante le incredibili difficoltà incontrate a catturare le cernie nel fiume chiamato corrente.

Fisicamente era bello come un bronzo di Riace. Profondista come pochi, dotato di un fiuto del pesce straordinario. Lui, con immensa modestia, diceva che il fiuto del pesce lo aveva imparato dal suo Maestro e compagno di pesca, Francesco Rispoli, venuto meno anch’egli una notte maledetta del dicembre 1979. Francesco Rispoli, che ebbi la ventura di conoscere a Villasimius nel 1979 e di rimanerne positivamente impressionato, era solito arrivare sul campo di gare solo alla vigilia, senza alcuna preparazione perché egli ripudiava lo studio del fondale di una gara, diceva che era controproducente. Francesco poteva contare, come nessuno atleta del panorama agonistico italiano, di un innato e vincente fiuto verso i pinnuti; scendeva in acqua e non vedeva i pesci ma li…fiutava.
Andrea Berardinone aveva imparato molto dal suo Maestro, era la prosecuzione agonistica di questi.
La condotta di gara sarà, e non poteva essere diversamente, intelligente e proficua; gli sfuggirà purtroppo il titolo proprio nella terza giornata, arrivando solo sesto e catturando otto prede per 11.900 punti.
Avrà infatti il rammarico, proprio in questa ultima giornata, di sfiocinare – per colpa della corrente – due pesci bianchi che gli negheranno la vittoria finale. Andrea meritava il titolo, forse più di tutti.

Berardinone, forse per una cabala maledetta, perderà il titolo anche l’anno successivo (1983 – Noto Marina), sempre nella terza giornata, dopo essere stato in testa in quelle precedenti, finendo la gara con un incredibile cappotto e consegnando il titolo al giovane ventenne Nicola Riolo.
Nell’assoluto 1984 svoltosi a settembre a Villasimius non si presenterà perché … anzitempo richiamato dal dio Nettuno e, quindi, volato definitivamente via nelle acque di Salina in quel maledetto mese di agosto…
Il ricordo del suo sorriso, con quella intelligenza partenopea senza eguali, sarà sempre presente in tutti coloro che lo hanno conosciuto ed amato.
A questo punto passiamo al vincitore, Claudio Poggi, portacolori della Mares, il quale sarà la rivelazione del campionato.
Claudio, triestino di nascita, milanese di adozione e cosentino per lavoro, era un tignoso e non trascurava mai niente; di solito aveva un occhio alla cernia e l’altro al pesce bianco.
Sicuramente ha giocato a suo favore, rispetto ad altri atleti di grande valore, l’enorme esperienza maturata in tanti anni, ed aggiungo io, anche quella vissuta in queste acque nel 1974, conquistando meritatamente un ottavo posto.
Claudio, con il suo solito parlare sottovoce, quando salirà emozionatissimo sul podio dirà sommessamente: … non mi sembra vero, rincorrevo da 14 anni questo titolo…
Ma, e questo forse non tutti lo ricorderanno, era già arrivato secondo nel 1975 dietro Carlo Gasparri a Santa Teresa di Gallura, ma negli anni successivi gli era mancato sempre – per motivi diversi – l’acuto finale.

Mancino ed ecologo, così come fu definito in un articolo di Raffaella Schiller nel 1980, lavorava a Cosenza come operatore cinematografico per la RAI, ma riusciva sempre ad andare a mare, con qualsiasi tempo ed in tutte le stagioni.
Inizierà a gareggiare nel 1969 e nel ‘71 era già in seconda categoria, e da lì è tutto un seguire di consensi e successi.
Personaggio veramente geniale nell’inventare attrezzature subacquee o modificare quelle esistenti, con una dimestichezza manuale senza pari.
Non da ultimo sarà il primo a preparare un campionato, nello specifico quello di Pantelleria, usando, oltre al gommone, anche – udite udite – l’acquascooter (uno dei primissimi in commercio), oggi in possesso a molti pescatori subacquei. Per lui la meccanica non era un problema e, quindi, con l’acquascooter non rimaneva mai per mare…
Durante la preparazione della gara ho più volte utilizzato l’acquascooter, dirà a fine manifestazione, perché mi permette meglio di capire, e quindi comprendere, complice la straordinaria visibilità delle acque di Pantelleria, il movimento dei pesci, e non da ultimo mi consente di osservare perfettamente anche la morfologia del fondo.
Quando gli si chiedeva cosa rappresentasse la pesca sub lui rispondeva: è una realtà che si ricerca e non si riesce a trovare nella vita normale, un modo di isolarsi dal mondo esterno, di vivere bene e stare meglio. Non potrei vivere senza il mio mare.

L’ho conosciuto la prima volta in una gara di qualificazione a Milazzo nel lontano 1978 con un battellino grigio (Condor della Callegari & Chigi) di appena tre metri ed un motore fuoribordo di soli 6 cv, mezzo nautico già allora molto piccolo, e con questo mezzo girava in lungo ed in largo le coste della sua Calabria.
Nel dialogare con lui ebbi modo, tra l’altro, di ammirare le numerose e geniali modifiche che apportava all’attrezzatura.
L’ho rivisto ancora all’assoluto di Villasimius nel 1979, ed il suo camper era una sorta di officina meccanica ambulante, il tutto in un ordine maniacale, accompagnato sempre dalla giovane e bella moglie calabrese.
Alla quarta giornata di questa gara, nell’isola di Serpentara, lato nord/ovest, ci trovammo quasi gomito a gomito a pescare su una franata ove insistevano delle corvine, oltre i venti metri: Claudio era uno spettacolo di tecnica ed eleganza, ancor oggi – dopo così tanti anni – ricordo ancora le catture fatte di alcuni grossi esemplari di sciaena umbra che cadevano sotto i colpi del suo micidiale medisten montato con fiocina a cinque in ferro.
Nel 1980 non riuscì per un soffio a centrare la qualificazione perché fallì due gare a Milazzo (su cinque gare disponibili si sceglievano i migliori tre piazzamenti utili). Eravamo seduti vicini a pranzo, uno accanto all’altro, ed io, per rompere il silenzio vista la sua proverbiale riservatezza, gli dissi – quasi provocatoriamente – che Milazzo quell’anno era stata per lui, purtroppo, una … Caporetto. Con un mezzo sorriso mi rispose…si, è vero, vuol dire però che quest’anno mi riposerò (dagli assoluti), in tal modo potrò andare a pescare dove preferisco io.

Con questa intelligente replica dimostrò di accettare di buon grado il risultato sportivo che gli negò la mancata convocazione per Cala Liberotto; sempre senza polemiche, con stile ed eleganza, così come era nel suo modus operandi.
Ma lui, invece, meritava più di tanti di noi, la partecipazione a quell’assoluto.
Di carattere schivo e taciturno ma sempre garbato e disponibile, aveva qualità umane straordinarie. Lui si considerava un introverso e, sempre a suo dire, questo risultava essere il suo peggior difetto, mentre si riconosceva il pregio di essere un uomo onesto e corretto, sempre che gli altri non lo costringessero a modificarsi.
Andrea prima ed immaturamente, Claudio poi ma più avanti nell’età, non sono più fra noi, ma il loro ricordo vivrà sempre immutabilmente nei nostri cuori.
Sono comunque certo che loro, unitamente a tanti altri vecchi sub agonisti, si sono già organizzati, con pescate, gare e raduni nel grande ed immenso blu che, prima o poi, tutti noi raggiungeremo.
A bientot campioni, le vostre gesta saranno sempre menzionate, perchè ci sarà sempre una penna amica pronta a ricordarVi con tanta nostalgia ed affetto e, non da ultimo, con immensa riconoscenza per quello che avete lasciato.
Gigi Anastasi
P.S.
Un sentito ringraziamento va rivolto a Guido Quaglia per il supporto tecnico fornitomi per la realizzazione di questo lavoro.

1 COMMENTO
Bravo Gigi una cronaca eccezionale che mi ha ricordato tanti amici