
Ascione: onori ed oneri di una “riserva” di lusso
Continua la nostra chiacchierata a puntate con il DT della Nazionale italiana Marco Bardi. Partendo sempre dagli spunti che ci ha dato occasione di notare il Campionato Euro-Africano di Danimarca, proviamo a stimolare una discussione su tematiche e punti di vista che vanno prima di tutto compresi.
Marco nella nostra chiacchierata di qualche tempo fa ci hai parlato dell’importanza della figura di Angelo Ascione nell’Euro-Africano di Svendborg. Ci potresti spiegare, a grandi linee, il ruolo e la valenza della riserva della squadra?
Spesso il ruolo della riserva passa in secondo piano e sembra che sia riduttivo, invece per me ha grande importanza, alla pari di un atleta titolare. Nella mia idea di nazionale chi fa la riserva merita la stessa considerazione di chi ha fatto la gara.
Ad esempio nell’ultimo Campionato Euro Africano in Danimarca la riserva era Angelo Ascione che è stato determinante ai fini del risultato, perché Angelo ha lavorato come gli atleti titolari, ha saputo individuare letture di gara che sono servite alla squadra, spesso ha incitato i suoi compagni dimostrando lo spirito di squadra. Un giorno di brutto tempo e pioggia, siamo usciti in mare io e lui facendo riposare gli altri, ma portando a termine anche un lavoro che avrebbero poi dovuto svolgere loro, quindi gli abbiamo permesso di recuperare energie e tempo prezioso.

È chiaro che tutti vorrebbero essere titolari, ma questo non significa declassare un ruolo così importante – perché il 25 Gennaio prossimo durante le premiazioni del Coni a Roma, quando riceveremo la medaglia d’oro per i risultati conseguiti dalle nazionali nel 2019 tutti avranno la stessa medaglia e lo stesso ringraziamento del CONI senza alcuna differenza tra titolari e riserve. Ascione è di fatto Campione d’Europa come tutti gli altri. Potrà aggiungere al suo curriculum sportivo anche questo titolo che è ufficiale, annoverato negli albi d’oro e soprattutto meritato per il lavoro che ha svolto. La riserva ha quindi molta importanza e non dimentichiamo che a volte capita che debba subentrare ad un altro atleta nel caso di possibili problemi. A volte basta una semplice infiammazione del timpano, un raffreddore, una sciatalgia. Losito ad esempio, a 3 giorni dalla gara aveva una infiammazione alle spalle e al collo e non si sapeva se sarebbe riuscito a superarlo. Insomma non è raro che la riserva possa subentrare all’ultimo e deve essere in grado di dare il suo contributo.
Non tutti sono portati per questo ruolo perché ci sono atleti che se hanno tutto il tempo di prepararsi e di aggiustarsi le loro abitudini, magari fanno bene, ma se all’improvviso devono subentrare vanno in crisi. Quindi il ruolo di riserva cerco sempre di destinarlo a chi credo che saprà aiutare la squadra, che sia utile a capire meglio la gara, che potrà lavorare senza mettere in difficoltà agli altri, anzi che sia in grado di farli sentire sereni. Se i titolari hanno stima e fiducia nella riserva, si sentono più sereni. Infine che sia pronto a subentrare senza andare in crisi. Insomma è un ruolo molto importante che non è adatto a tutti e per ogni gara e per ogni squadra c’è bisogno di una riserva adeguata. Mi duole dirlo ma come negli spogliatoi delle squadre di calcio, non è sempre tutto rose e fiori e a volte c’è chi non riesce ad integrarsi, pertanto a prescindere dalle qualità tecniche, sarebbe un suicidio inserire in squadra chi non ci sa stare. Per quanto mi riguarda, ho una grande stima di chi si presta in questo ruolo, dimostrando di avere compreso bene quale è lo spirito di squadra.

Nel tempo sto cercando di costruire una nazionale che non punta sul singolo creando prime donne e relative invidie, ma punta sulla collaborazione, sulla crescita attraverso confronti sereni e costruttivi come ad esempio preparare insieme un campionato e condividere gioie e dolori – in modo che tutti possano migliorarsi l’uno con l’altro. A prescindere da tante possibili variabili, sono soddisfatto di avere cambiato vecchie abitudini che avevano impoverito la nostra Nazionale e di avere finalmente un gruppo unito e competitivo, proprio per questo mi piace sottolineare l’importanza di tutti coloro che fanno parte della squadra, sia la riserva ufficiale che gli accompagnatori. Losito ha fatto per 3 anni l’accompagnatore ed ha maturato esperienze utili che lo hanno preparato al debutto che è stato più sicuro che averlo lanciato subito nella mischia.
Tornando alla riserva, per fare un esempio, fino a qualche anno fa – era quasi sempre un atleta nervoso e insoddisfatto di questo ruolo, perché veniva sempre scelto in base alle classifiche, per cui si sentiva declassato e ragionava solo sul perché non gareggiasse lui invece degli altri. Adesso sto cercando di creare questa figura non come il primo dei non titolari, ma come uno di loro, un atleta che riesce a capire che gli è stato permesso di aiutare la squadra dove anche lui ne è protagonista, oltre al fatto che lo aiuta a fare una sua crescita personale. Riceve la stima dei compagni e si integra più facilmente nel gruppo. Fare la riserva non deve più essere una mortificazione, ma un premio anche se capisco che chiunque preferirebbe gareggiare, ma credo sia possibile con il lavoro e con le scelte giuste creare questa nuova visione dei ruoli.
La nazionale deve essere una entità unica formata da singoli che sanno accettare i loro ruoli e sanno accettare le regole. Per questo e per molti altri motivi, si fanno scelte a che volte sembrano strane, ma lo possono sembrare solo a chi non conosce questi meccanismi o a chi non li accetterà mai. Anche il più forte di tutti gli atleti nazionali, che per me non esiste, ma solo i risultati diranno chi sarà, prima o poi farà la riserva o l’accompagnatore, perché come dicevo, non è una punizione, ma se si arriva all’obiettivo di formare un bel gruppo, sarà anche per lui un piacere ricambiare verso chi lo ha aiutato in precedenza.